1982-02 "Preti, cineforum e altro" - Nuove Opinioni

Tricase, come al solito, ad osservarla è strana cosa.

Nell’immobilismo generale, la classe ecclesiale, generalmente conservatrice, è all’attacco. Nomi fatti: Don Donato da anni cura “Siamo la Chiesa”, giornaletto che non ha paura di inimicarsi i potenti; Don Donato è il personaggio più popolare di Tricase, visto che in pochi anni è riuscito a riuscito a riempire di nuovo le chiese; Don Eugenio tra una messa e un convegno, è l’unico organizzatore di viaggi che Tricase abbia mai conosciuto (almeno nell’ultimo secolo; prima qualcuno organizzava viaggi in Albania per contrattare cavalli).

La classe ecclesiale, insomma, vive il suo momento magico.

Frà Giuseppe Cionfoli è primo in classifica e l’anno prossimo a Sanremo, invece di Romina e Al Bano vedremo Frà Giuseppe e Suor Cecilia entusiasmare l’intero popolo italiano. Con la benedizione di Woytila, naturalmente.

Ma noi, popolo salentino, una vocazione ecclesiastica l’abbiamo sempre avuta. O uomini di chiesa o uomini fidati della chiesa al centro di ogni organizzazione, dalla cultura allo sport. Il cineforum, per esempio. Qualche anno fa c’era un presidente che di tanto in tanto, nei dibattiti, prendeva la parola per dire soltanto: “Basta con la politica, nel cineforum non si fa politica”. Non si capiva, allora come adesso, che Tricase non ha bisogno del cineforum in se ma di un punto di scontro, che qui il cineforum non può limitarsi di dibattere sul films perché è l’unica possibilità di proporre nuova forma di cultura.

Hervè Cavallera, in un memorandum, apparso un paio di anni fa, diceva, con toni enfatici, che il cineforum di Tricase era da quindici anni lo specchio della vita culturale del basso Salento. Come Shakespeare faceva dire ad Amleto che lo scopo dell’arte drammatica era “di reggere lo specchio della natura”, così Cavallera si mirava senza chiedersi se quell’organismo doveva fare cultura oltre che rifletterla.

Il cinema è da circa un secolo l’immaginazione del mondo, e da circa un secolo noi immaginiamo in ritardo o assonnati, davanti a un televisore. Tricase ha bisogno di una struttura fissa, di un posto in cui poter vedere, leggere cinema e magari, dopo, imparare a farlo.

Abbiamo bisogno di films più nuovi (non dimentichiamo che Lecce è a 60 km) ma anche diversi, di conoscere films meno pubblicizzati ma ugualmente vivi, inseriti nel nostro tempo.

La colpa del cineforum ecclesiastico è stata proprio questa: non essere riusciti, nonostante tanti anni di esperienza, a farsi promotore di un iniziativa di più largo respiro. Eppure bastava guardarsi intorno per accorgersi che nessuna organizzazione raccoglieva ogni anno più di cinquecento soci.

Ma Tricase, al contrario dei suoi sacerdoti, è conservatrice, per apatia e per ideologia, e continua a mietere successi (un ospedale privato diventa, se opportuno pubblico in pochi giorni; comitati per la pace e per la Polonia dettati da vescovi e onorevoli) tanto da far pensare che questo paese è più democristiano che cristiano.

 

“Nuove Opinioni” – Febbraio 1982

Alfredo De Giuseppe

 

 

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